giovedì 24 aprile 2014

IL VINO DEVE UNIRE

Un 2013 da record per la produzione di vino in Italia, che, con un incremento del 19% rispetto all'anno precedente, equivalente a 56,3 milioni di ettolitri, risulta la più abbondante dal 2000. Ottima anche la performance del Molise con saldo positivo del 44% - non dimentichiamo che diamo ancora mosto e vino ad altre realtà territoriali - tra i primi in assoluti, che dimostra, come abbiamo già avuto modo di sottolineare più volte in altri articoli (in questo e quest'altro), una crescita della qualità della produzione, certificata, non a caso, dagli ultimi riconoscimenti al Vinitaly, mai così copiosi e diversificati. Non dimentichiamoci che, da un punto di vista numerico, nudo e crudo, rappresentiamo solo l'1% della produzione nazionale, a voler essere di manica larga, e questi dati sono da accogliere con entusiasmo in proporzione a realtà consolidate e con masse critiche impattanti, ovviamente, ma non devono distogliere l'attenzione su quello che ancora c'è da fare perché anche il Molise possa ritagliarsi una piccola fetta di notorietà nel mondo enologico.

Fonte: Corriere Vinicolo
Fonte: Corriere Vinicolo

Dove si può migliorare? I produttori hanno fatto tanto, investendo in proprio, dimostrando che la qualità si può fare anche in Molise, dove insistono condizioni ottimali per fare viticoltura di qualità, dalla costa fino all'entroterra, spingendosi anche a quote elevate, dove probabilmente si sposterà parte della viticoltura nel futuro, visti i cambiamenti climatici in atto, come abbiamo avuto modo di parlarne in più di un'occasione sul Corriere Vinicolo ("Sostenibilità e tutela del patrimonio viticolo", "Cambiamenti climatici e influenza in vigneto"). E' questo il momento di dare un supporto all'importante attività svolta dal mondo produttivo, spesso troppo solo, un po' per campanilismo, ma anche per scelte aziendali, condivisibili, che tentano di dare una connotazione e un carattere distinguibile da altre realtà, crearsi un vestito su misura, come precisato da un produttore a Verona, da poter spendere sui mercati internazionali. Pensare di riorganizzare lo stand del Molise, non come un unico raccoglitore di tante identità eterogenee (10 metri per 20 metri, non credo di esserci andato molto lontano con le dimensioni), francamente indecifrabili, ma, invece, come un esaltatore delle tipicità, in cui ognuno possa dare un'immagine della propria azienda sotto un unico marchio o slogan che rappresenti inequivocabilmente la nostra Regione e il nostro territorio, altra nota dolente su cui riflettere e lavorare.

Fonte: Stand istituzionale del Molise (Tintilia.net)

Qui gioverebbe un ruolo decisivo da parte del "Consorzio di tutela dei vini del Molise", come succede per le altre realtà produttive, ma, come abbiamo avuto modo di constatare in più di un'occasione, non senza amarezza, esiste solo sulla carta e, francamente, non ci sono tracce di attività di promozione o "tutela" - se si chiama così un motivo ci sarà - eclatanti o annoverabili negli annali. Altra nota dolente sono stati i comunicati istituzionali post Vinitaly dove, tranne salutare con entusiasmo un riconoscimento per la lungimiranza di un produttore con il premio Cangrande (benemerito dell'enologia, per intenderci), assegnato ogni anno, uno per Regione, su indicazione della stessa, e su cui non comprendiamo la scelta vista la situazione disastrosa in cui versa l'azienda che rappresenta (cosa avrà di benemerito dovrebbero spiegarlo a tutti i viticoltori che hanno abbandonato la realtà), non c'è traccia alcuna dei successi dei vini molisani, innominabili, forse perché "secessionisti" (dislocati nello stesso padiglione, si, grande almeno quanto un campo di calcio). 

Vigneti a Campomarino
 
Forse, anzi, sicuramente, è passato inosservato anche il successo di due vini che non sono tipicamente espressione del nostro territorio, o meglio, oscurati da terroir più blasonati, quelli di Angelo D'Uva di Larino, che vanno ad affiancarsi alla Tintilia di Antonio Valerio a Monteroduni e Pasquale Salvatore a Ururi, oltre al Moscato di Di Majo Norante a Campomarino, che ormai non fa più notizia. Si tratta di un Montepulciano e di un Cabernet Sauvignon in purezza che aprono le porte ad un terroir Molise anche per questi due vitigni che, detto fuori dai nostri confini farebbe ridere (immaginate i grandi e tanti Montepulciano del vitigno dell'orgoglio abruzzese, ma anche quelli di grandi denominazioni del marchigiano), ma, invece, a nostro avviso rappresenta la vera novità, oltre ai numeri, di quest'ultima "kermesse" veronese. Chiudo con una riflessione che, al contempo, contiene anche una speranza: ho letto tanti "articoli" sul Vinitaly e sui successi dei vini molisani nei giorni scorsi, dopo che Pasquale Di Lena, per primo, con la sua nota stampa e noi, immediatamente dopo, con la pubblicazione delle immagini dei vini vincitori, ne abbiamo dato atto. Bene, è arrivato il momento di cercare una condivisione quanto più ampia possibile, perché di questi successi non rimanga un messaggio nel vuoto ma, anzi, sia il messaggio: "Il vino deve unire".


Sebastiano Di Maria
molisewineblog@gmail.com



mercoledì 16 aprile 2014

MONOVARIETALI E BIOLOGICO COME RISPOSTA ALLA MANCANZA DI PROGRAMMAZIONE

Tappa della seconda visita aziendale, per i corsisti di “Un Molise Extra-Ordinario", è stata la Cooperativa Olearia Larinese, azienda storica del territorio, nata nel 1969 e attualmente guidata da Alessandro Patuto, situata nel cuore della vecchia “Frentania”, di cui Larino ne era capitale, e patria di una delle cultivar più apprezzate e più diffuse sul territorio regionale, quella “Gentile di Larino” tanto cara anche ai romani, che oggi rappresenta uno dei punti di forza della DOP Molise. Tre ore di confronto sugli sforzi, sui risultati raggiunti ma anche sulle difficoltà di fare cooperazione, che invece potrebbe essere uno dei punti di forza per dare slancio al comparto, oltre alle criticità proprie del settore, come una burocrazia ossessiva, o la perdita di produzione, figlia dell’abbandono di molti oliveti in seguito alla massiccia emigrazione dei giovani degli ultimi decenni, con mancanza d’imprenditorialità e aziende, ormai, al limite del collasso. Anche Patuto ha tenuto a precisare che, corsi come quello della “Scuola del gusto”, sono strumenti importanti per portare cultura e professionalità, che si possono tradurre, applicati sul campo, in riduzione dei costi di produzione e creare reddito per aziende ormai allo stato di abbandono.


Veduta dell'Oleificio Cooperativo a Larino


L’azienda, che attualmente consta di 70 soci, con un patrimonio di oliveti 70.000 piante distribuite su una superficie di 400 ettari, rappresenta un modello di gestione votata alla qualità, grazie anche al sistema della Rintracciabilità di filiera secondo la norma ISO 22005/2008, con cui è possibile avere tracciate quelle che tutte le fasi di lavorazione, dall'oliveto di provenienza, passando per lavorazione, fino all'imbottigliamento, in modo di conoscere, attraverso la bottiglia, il suo prezioso contenuto e la sua storia produttiva. Un importante sviluppo a tutela del consumatore, che, attraverso un QR code sugli imbottigliamenti della prossima campagna olearia, sarà possibile, come affermato dallo stesso Patuto, attraverso delle applicazioni per smartphone, conoscere la storia dell’olio, dall'olivo alla bottiglia, ma anche tutte le curiosità che riguardano l’azienda e tutti gli attori di filiera. Il primo passo fatto per raggiungere tale obiettivo, è stato la creazione di un disciplinare interno per la qualità delle olive in ingresso, grazie ad una consulenza continua sulla gestione agronomica degli oliveti, sulla scelta del momento migliore per la raccolta, in modo da poter selezionare il prodotto e classificare gli oli in base alle caratteristiche qualitative.

Alessandro Patuto
Un momento della degustazione di oli

Il 40-50% della produzione aziendale è venduto sfuso e al dettaglio, il resto, invece, confezionato in diversi formati, di cui il 50% in Italia e la restante parte nel mercato internazionale. Lo stesso Presidente, poi, ha rilevato, con rammarico, che partite di olio destinate al mercato estero, e in particolare negli Stati Uniti, sono sempre più frequentemente bloccate per settimane nelle dogane, con tutti gli inconvenienti del caso, soprattutto sulla gestione della qualità dell’olio che potrebbe essere irrimediabilmente compromessa, tutto ciò in seguito alla denuncia, dello scorso anno, dello scrittore Tom Mueller con il suo libro “Extraverginità - Il sublime e scandaloso mondo dell’olio d’oliva”, ripreso come spunto, qualche mese fa, dal New York Times, con delle vignette anti extravergine italiano, che tanto scalpore ha suscitato. Qui il discorso è molto più complesso e coinvolgerebbe le “industrie” dell’olio nostrane (Bertolli, Carapelli e Sasso), che d’italiano hanno ben poco, visto che sono in mano alla multinazionale spagnola Deoleo, in questi giorni oggetto di un’OPA (offerta pubblica d’acquisto), tra cui figura anche un gruppo italiano.

Due dei monovarietali degustati, "Rosciola di Rotello" e  "Gentile di Larino" 


Purtroppo, nella GDO (grande distribuzione organizzata), la quantità di olio in bottiglia venduto è ancora, per la stragrande maggioranza, ad appannaggio di queste aziende, dato che lo stesso Patuto ha quantificato, indicativamente, in un mortificante rapporto di 1:4000. Naturalmente, questo dato, non è solo figlio di una mancanza di cultura che fa orientare il consumatore, nella complessa scelta tra gli scaffali, su oli di dubbia qualità, ma soprattutto su una tangibile difficoltà nell'acquisto, non a caso, pone l’accento lo stesso Patuto, sono aumentate le vendite di confezioni di olio da 2 o 3 litri, mai utilizzate in passato, e l’acquisto è fatto in base alla necessità, ossia non si fanno più le scorte come accadeva una volta. Il mercato e la promozione, sono senza dubbio aspetti che presuppongono investimenti e competenze importanti, non improvvisazioni, ma soprattutto sinergie tra produttori, quelle che latitano, sia per la mancanza di un Consorzio di tutela della DOP, anche se altri esempi presenti sul territorio sono tutt'altro che simboli di lungimiranza, che garantirebbero una massa critica e un’immagine univoca di tutto il territorio regionale, sotto un unico marchio. Vale la pena se l’80-90% della DOP in Molise è prodotta da solo tre realtà produttive, tra cui la Cooperativa Olearia di Larino, tutte situate nel basso Molise? Perché, vista la necessità di creare, pur tra mille difficoltà, un’unica denominazione su ampio territorio eterogeneo, non si è pensato a creare delle sotto-zone, in modo da avvantaggiare le peculiarità presenti? Purtroppo, ci sono delle difficoltà oggettive di vendita, soprattutto per la DOP, anche per i motivi succitati, non a caso molti produttori stanno puntando sui mono varietali, maggiormente espressione del territorio, e sul biologico, visto dai più, purtroppo, come una concreta opportunità offerta dal mercato, che una reale esigenza di tutela del territorio.

Scuola del gusto
scuoladelgustolarino@gmail.com



sabato 12 aprile 2014

ABBINARE UN OLIO CON LA CUCINA LOCALE E RACCONTARE IL TERRITORIO PER ESSERE VINCENTI

Lezione magistrale quella tenuta da Vitor Ugo Fratini, degustatore professionista e già membro di diversi panel, ultimo quello della Camera di Commercio di Campobasso, all'ultima lezione del modulo "analisi sensoriale" della “Scuola del gusto”. La sua pluriennale esperienza nel settore, anche internazionale, viste le sue origini brasiliane, e la conoscenza, anche come consulente, di mercati emergenti del settore oleario come Argentina, Cile e lo stesso Brasile, cui si aggiunge una comprovata esperienza nella ristorazione come esperto di abbinamenti con la cucina di olio e vino - è anche sommelier AIS – sono stati armi straordinarie per catturare l’attenzione dei corsisti, che sono rimasti entusiasti dell’approccio degustativo degli oli. Dopo le precedenti lezioni sul tema, tenute da altri due esperti in materia, come Maurizio Corbo e Domenico Zeoli, che potete leggere su questo blog, a Vitor è toccato il compito di spiegare come un extravergine possa, con abbinamenti diversi, esaltate la qualità di una pietanza o mascherarla, o addirittura è lo stesso olio a perderne le peculiarità. Questo è stato possibile con un semplice gioco di abbinamenti di prodotti semplici con oli fruttati di diversa intensità.

Vitor Fratini durante la lezione 
Prima della prova pratica, Vitor si è soffermato in dettaglio su quelli che sono le regole di abbinamento cibo/olio, secondo il metodo “Cerretani – Biasini –Bonoli – Carbogni – Bendili”, oggi punto di riferimento del settore. Il metodo è costituito da quattro semplici regole: 
1. La sapidità, l’aromaticità e la speziatura del cibo devono essere bilanciate dalla sensazione di fruttato dell’olio. All'aumento di questi parametri, l’olio da abbinare sarà sempre più fruttato. Per cibi molto speziati il piccante dell’olio contribuirà ad armonizzare l’abbinamento (abbinamento per concordanza).
2. Il sapore amaro di un cibo deve essere bilanciato dalla percezione di verde dell’olio, abbinando un olio sempre più verde all'aumentare del sapore amaro (abbinamento per concordanza).
3. La dolcezza e la grassezza di una preparazione devono essere bilanciate dalla percezione di dolce e maturo dell’olio (non con oli appena prodotti), all'aumentare di tali percezioni deve coincidere un olio più maturo o dolce (abbinamento in concordanza).
4. Il sapore acido di una preparazione gastronomica deve essere bilanciato dalla sensazione dolce di un olio, che sarà tanto maggiore quanto più acido è un piatto (abbinamento per discordanza).


Postazione con scheda di degustazione, i cinque oli e gli alimenti per gli esercizi di abbinamento
Una parte dei corsisti, studenti e non, attenti durante la lezione


Con queste semplici regole i corsisti si sono divertiti, sotto l’attenta guida di Vitor, a sperimentare, su prodotti di uso comune in cucina, la validità di tale teoria e di come, alternando i cinque extravergini in degustazione, ci siano percezioni diverse al palato. Un gioco semplice che ha appassionato tutti i partecipanti, anche i ragazzi, che hanno potuto apprezzare anche le qualità organolettiche dei diversi oli, espressione di cultivar e territori diversi. Gli extravergini degustati, suddivisi per categoria di fruttato crescente, sono stati quelli di Bruno Mottillo di Larino, l’Aureo dell’Oleificio Cooperativo di Venafro, monovarietale di cultivar "Aurina", l’Hosipius, biologico di Andrea Albino di Montorio dei Frentani, l’olio Masseria Casolani di Casacalenda, di Antonella Pietropaolo, e l’Olio di Flora, monovarietale biologico “Gentile di Larino”, del produttore Pasquale Di Lena. 

Oli in degustazione divisi per intensità di fruttato
Da sinistra, Sebastiano Di Maria, Pasquale Di Lena e Vitor Ugo Fratini

Naturalmente, vista anche la presenza di Pasquale Di Lena nella sala del Convitto dell’Istituto Agrario, nelle vesti di produttore, ma anche di esperto di marketing e ideatore di tante iniziative di successo su olio e vino, tra cui la nascita dell’Associazione nazionale delle città dell’olio a Larino, nel dicembre del 1994, di cui ricorre il ventennale e di cui il corso “Un Molise Extra- Ordinario” ne è un giusto tributo, anche nelle vesti di Presidente onorario, non sono mancati riferimenti a quelle che sono le pecche di un sistema che stenta a decollare, pur con qualità in costante crescita certificata da vari premi. Si vincono concorsi, si fa qualità, ma la vendita? Questa è stata la domanda che si è posto Fratini in questo frangente, quesito cui i due interlocutori hanno cercato di dare risposte, per le loro diverse competenze, pressati anche dai dubbi e dalle osservazioni dei corsisti, tra cui produttori e olivicoltori. Il primo problema emerso, è la mancanza di cultura e formazione in materia, soprattutto quella di divulgare la qualità, cosa fatta in maniera egregia dalla “Scuola del gusto”, hanno chiosato entrambi, non solo, ma gli stessi corsisti devono essere il germe per divulgare le nozioni acquisite durante il corso e portarle fuori. Bisogna seguire l’esempio del vino, anni luce avanti, intendendo l’olio non come semplice sostanza grassa o limitarsi al semplice assaggio, ma come abbinamento alla cucina, coinvolgendo la ristorazione, spesso anch'essi impreparati, con una carta degli oli molisani, come già hanno fatto in altre realtà italiane, monovarietali o blend, che raccontino un territorio, la sua storia, la sua cultura, il suo produttore, superando i personalismi e i campanili, dove si osanna il proprio e si denigra quello dell’altro. Non è solo questione di qualità, è soprattutto un problema di cultura, quella che noi abbiamo definito l’”extra” della qualità.

Scuola del gusto
scuoladelgustolarino@gmail.com



venerdì 4 aprile 2014

PROMOZIONE CONDIVISA E OLIVICOLTURA DA REDDITO, LE VERE SFIDE PER IL FUTURO

La prima visita aziendale del percorso formativo “Un Molise Extra-Ordinario” svoltasi presso la Masseria Zeoli, azienda olivicola e olearia in agro di Larino, si è sviluppata con un vero e proprio bagno di folla. I circa cinquanta corsisti, un mix di studenti dell’Istituto Agrario, professionisti, appassionati e curiosi, sono stati letteralmente stregati e calamitati dalla “lezione” tenuta dal vulcanico Domenico, titolare dell’azienda, grande esperto di olivicoltura e olio, che non ha mancato di dispensare consigli rispondendo alle numerose domande dei presenti, né tantomeno sono mancate le critiche, spesso anche dure, a certi modi di fare promozione o scelte produttive ancora legate a certi stereotipi. La visita si è protratta abbondantemente oltre le canoniche tre ore, mentre con attenzione e confronto si continuava a parlare di tutte le problematiche di settore, dalla produzione, alla trasformazione, passando per il marketing e la qualità intrinseca dell’extravergine, spesso vittima, anche tra addetti al settore, di luoghi comuni e supponenza, o scarsa conoscenza, come abbiamo avuto modo di parlare in quest’articolo. Le sue scelte coraggiose, dalla riconversione dei vecchi oliveti famiglia, secolari, per l’adattamento al sistema di allevamento a monocono, quasi completamente meccanizzabile, la gestione dell’intero processo produttivo, tutto volto a razionalizzare i costi per fare un’olivicoltura da reddito, sono stati gli aspetti su cui si è dibattuto molto, soprattutto con gli studenti, futuri tecnici del settore, ma anche con diversi dei corsisti che stanno per intraprendere un’attività imprenditoriale, tra remore e difficoltà oggettive.

Domenico Zeoli (foto Sebastiano Di Maria)

Quello di fare olivicoltura da reddito, facendo attenzione al bilancio e a tutte le sue voci, sono elementi necessari e imprescindibili per Domenico, e l’imprenditore agricolo, quello che lo fa a tempo pieno, e non il dipendente o il pensionato che lo fa come hobby o nei tempi morti, magari durante le ferie pagate. La scelta di un sistema di allevamento a monocono, conservando la cultivar Gentile di Larino, volta soprattutto a razionalizzare l’operazione di raccolta, con sacrificio e anche contro ogni regola storica - non sono mancate le critiche in tal senso da altri - permette, concretamente, di raccogliere due piante alla volta in due minuti, mentre sono necessari appena 10-12 giorni per tutte le 5000 piante dell’azienda, condotte a regime biologico. La Gentile di Larino ha una maturazione scalare e, la scelta del momento migliore per la raccolta, è un giusto compromesso che tenga conto dell’invaiatura, massima inoliazione nella drupa, e della qualità dell’olio, possibile solo con raccolta e molitura ravvicinata. Uno dei miti da sfatare, sempre secondo Zeoli, è che la vibrazione delle piante crea problemi alle stesse, poiché i suoi impianti sono ormai da vent’anni soggetti a tale sollecitazione, che in realtà non supera i 30-40 secondi, una volta l’anno. 


Domenico in un momento della visita (foto Sebastiano Di Maria)

Dettaglio della macchina per la raccolta dell'olivo su monocono (foto Sebastiano Di Maria)

Altro aspetto su cui si è soffermato il produttore, non senza una vena polemica e critiche verso certe scelte comunicative, è l’aspetto riguardante la promozione dell’olio e la difficoltà nel mercato globale, pur essendoci grossi margini di sviluppo, visto l’esiguità di consumo di grassi vegetali rispetto a quelli animali, aspetto su cui c’è molto da lavorare. Purtroppo, secondo Domenico, oltre a mancare una reale strategia promozionale condivisa, pur avendoci provato in passato senza successo, non ha senso partecipare a fiere o eventi vari da soli, con numeri troppo piccoli rispetto a quelle che spesso sono le richieste di mercato o dei suoi operatori, esponendo in dei loculi aperti - così gli ha definiti - o affidandosi, spesso, a comunicazioni che fanno solo prosa ma che sono distanti da quelli che sono i reali problemi del settore, quelli che deve fronteggiare l’imprenditore agricolo vero, quotidianamente. 


Oliveto potato a monocono presso l'azienda Zeoli (foto Sebastiano Di Maria)

Domenico Zeoli mentre spiega i canoni della potatura a monocono (foto Sebastiano Di Maria)

L’attenzione si è poi spostata sulla parte riguardante l’estrazione dell’olio e sui diversi sistemi, di cui abbiamo già parlato in maniera approfondita in quest’articolo, e in particolare sull'utilizzo dell’acqua nel processo e sull'impiego dei sottoprodotti di lavorazione, che il produttore utilizza nei suoi terreni dopo attenta evoluzione e processi di compostaggio, anche frutto di collaborazioni passate con enti di ricerca. Gli aspetti riguardanti quelli che sono i comportamenti da adottare da parte dei produttori, dei frantoiani e dei consumatori per garantire e preservare al massimo la qualità degli oli, saranno trattati in maniera organica dallo stesso produttore nella prossima lezione, che riguarderà anche gli aspetti sensoriali, nella sua veste di capo panel dell’associazione Mille Sensi. Non mancheranno, quindi, osiamo immaginare, stilettate a certi modi di intendere o di valutare la qualità di un olio, frutto di esperienza sul campo e tempra di produttore che ha dedicato la sua vita all'olivicoltura, all'olio e alla strenua difesa del difficile mestiere dell’imprenditore agricolo, aspetti molto apprezzati tra i convenuti.

Scuola del gusto
scuoladelgustolarino@gmail.com



mercoledì 2 aprile 2014

CINQUE VINI MOLISANI PREMIATI AL VINITALY

Categoria vini tranquilli a denominazione d'origine e a indicazione geografica - Vini rossi dai tre ai quattro anni dalla vendemmia (2010- 2011)

Premio: Gran Menzione

MOLISE DOC ROSSO "RICUPO" 2011  
CANTINE D'UVA - LARINO (CB)



Premio: Gran Menzione

TINTILIA DEL MOLISE DOC "RUTILIA" 2010 
CANTINE SALVATORE AZ. AGR. SALVATORE PASQUALE - URURI (CB)



Categoria vini tranquilli a denominazione d'origine e a indicazione geografica - Vini rossi dai cinque ai sei anni dalla vendemmia (2009 - 2008)

Premio: Gran Menzione

TINTILIA DEL MOLISE DOC "OPALIA" 2009 
ANTONIO VALERIO S.R.L. - MONTERODUNI (IS)



Categoria vini tranquilli a denominazione d'origine e a indicazione geografica - Vini rossi prodotti nelle ultime due vendemmie (2013 - 2012)

Premio: Gran Menzione

TERRE DEGLI OSCI IGT CABERNET SAUVIGNON "GAVIO" 2012 
CANTINE D'UVA - LARINO (CB)




Categoria vini tranquilli a denominazione d'origine e a indicazione geografica - Vini dolci naturali

Premio: Gran Menzione

MOLISE DOC MOSCATO DOLCE "APIANAE" 2011 
DI MAJO NORANTE - CAMPOMARINO (CB)



A tutti i produttori e alla loro tenacia, con l'augurio di nuovi e importanti successi. Prosit.

Sebastiano Di Maria



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