lunedì 25 marzo 2013

MEDAGLIA D’ORO A CINQUE OLI BIOLOGICI DELLE CULTIVAR MOLISANE

Il Premio Biol, riservato agli oli biologici, è riconosciuto da tutti come il più prestigioso ha visto vincitore assoluto l’olio dop “Valli trapanesi” dell’azienda Titone di Trapani. Nato a Andria nel 1966 questo rappresenta sempre più un punto di riferimento mondiale per tutto il settore dell’olio extravergine .
Dei 360 oli partecipanti, provenienti da 15 paesi del mondo, ben 113 gli oli che hanno ottenuto un punteggio superiore ai 71 punti e fra questi gli oli di cinque aziende molisane: una in provincia di Isernia, l’Azienda agricola Principe Pignatelli di Monteroduni con l’etichetta “Principe Pignatelli”;  quattro in provincia di Campobasso, l’azienda agricola Pietropaolo Antonietta di Casacalenda con “Masseria Casolani“; la cooperativa Biosapori sempre di Casacalenda con l’olio “Biosapori”; l’oleificio Bruno Mottillo di Larino, con l’etichetta “Bruno Mottillo e l’azienda olivicola La Casa del Vento anch’essa di Larino con l’etichetta “L’olio di Flora”.
C’è da dire che tutti gli oli delle quattro aziende della provincia di Campobasso sono non solo biologici ma della varietà principe del Molise la “Gentile di Larino”, una delle cultivar tutta molisana, che, ancora una volta, dimostra di competere senza timori reverenziali con gli oli del mondo per le sue spiccate peculiarità organolettiche.  Oli insigniti di medaglia d’oro con l’azienda Pietropaolo vincitrice del premio territoriale, cioè quella che ha ottenuto il punteggio più alto tra le aziende molisane.
 
Straordinario esemplare secolare di Gentile di Larino

Un successo che premia i vincitori dell’edizione 2013 del Premio Biol che entrano così nella Guida ai migiori oli biologici al mondo 2013. Premia anche tutti i bravi olivicoltori e trasformatori di olio del Molise che si conferma una terra di olio di assoluta qualità, grazie anche ad altri importanti risultati, fra i quali voglio ricordare la Gran menzione  data all’olio di Giorgio Tamaro di Colletorto alla terza edizione del Campionato del mondo dell’olio extravergine di oliva che, per chi non lo sa, è riservato agli oli di un anno. Una bella notizia dopo le tante che stanno arrivando dalla Spagna che vuole, con la compiacenza di importanti aziende, anche molisane, tecnici e  comunicatori di fama, colonizzare l’olivicoltura mondiale e, quella italiana in particolare, con le sue due o tre varietà e l’olivicoltura intensiva che non riguarda l’Italia e meno ancora il Molise.

Esempio di olivicoltura superintensiva

Sarebbe la fine dell’olivicoltura molisana e delle aree interne del nostro Paese, e, con essa, dei più paesaggi e ambienti più belli e caratteristici con l’affermazione di un monopolio di mercato; la distruzione di un patrimonio unico qual è quello della biodiversità olivicola.Una brutta fine della nostra olivicoltura che spetta a noi tutti e, in primo luogo, alle istituzioni e alle rappresentanze del mondo contadino evitare per affermare la bontà degli oli delle nostre varietà autoctone che, in molti casi, da millenni appartengono ai territori più belli del nostro paese.
 
Pasquale Di Lena
pasqualedilena@gmail.com

 

venerdì 22 marzo 2013

UN LARINESE "DOC" ALLA BASE DEL RILANCIO DEL VINO ITALIANO NEL MONDO

Parte da Larino e, in particolare, dalla Villa Petteruti sede dell’Itas (Istituto Tecnico Agrario Statale) la bella avventura di Pasquale Di Lena nel mondo del vino e dell’olio e della comunicazione del turismo e dell’agroalimentare italiano, che l’hanno visto per un trentennio protagonista, soprattutto dopo la direzione dell’Ente Mostra Vini – Enoteca Italiana di Siena. Il D.P.R. 930 del 1963, la legge firmata dal molisano Sedati, allora Ministro dell’agricoltura, che apre alla Doc dei vini e istituisce il Comitato Nazionale per la tutela e valorizzazione dei vini a d.o., segna il percorso professionale di Pasquale Di Lena, ma, soprattutto, il percorso della qualità del vino italiano e, con i regolamenti comunitari 2081 e 2082, anche quello della qualità di tutto l’agroalimentare italiano con le Dop e Igp.
 
Pasquale Di Lena durante la lezione
Dopo aver ricordato il suo maestro prof. Pier Giovanni Garoglio e il contributo dato all’Enciclopedia mondiale della vite e del vino che Garoglio ha firmato, ha parlato della sua tesi sui vini a d.o. e il suo interesse per il vino anche quando svolgeva il ruolo di dirigente del mondo contadino con l’alleanza dei contadini prima e la CIC dopo, quale presidente del Cenfac toscano, direttore del Consorzio Chianti e vicepresidente nazionale dell’Unione delle associazioni dei vitivinicoltori.
Poi, nel 1982, quale vincitore di concorso, segretario generale dell’Ente Mostra Vini che, con il rilancio della sua Enoteca, riprende il suo cammino nel campo della comunicazione e valorizzazione dei vini di qualità Doc e Docg. Un ruolo centrale che aiuta il vino italiano a vivere nella seconda metà degli anni ’80 il suo Rinascimento che, poi, diventa patrimonio di tutto il mondo vitivinicolo con lo sviluppo d’idee vincenti come Vino e turismo; Vino e giovani; le donne del vino; Vino, sport e alimentazione; Vino e arte; Vino e moda; la nascita nel 1987 dell’Associazione nazionale delle Città del Vino. Soprattutto con le iniziative sui mercati internazionali, dal Canada che oggi rappresenta un punto alto di riferimento dell’esportazione del vino italiano, con Usa, Germania e Regno Unito.
A supporto di queste e altre iniziative le numerose e importanti pubblicazioni che i cultori del vino di ogni parte del mondo conoscono e che sono servite molto a far da apripista sui mercati. A tal proposito ha sottolineato l’importanza della cultura per una strategia di comunicazione come pure di una programmazione e scelta dei mercati, evitando “toccate e fughe” che fanno solo perdere tempo e risorse, soprattutto finanziario.
 
Alcune pubblicazioni curate da Pasquale Di Lena. In basso a destra con Rita Levi Montalcini, a fianco corrispondente in Italia per la prestigiosa rivista di Master of Wine 
Ha detto che la comunicazione non è un optional, ma la premessa fondamentale di ogni attività produttiva al pari dell’unità dei produttori e di questi e le istituzioni ai vari livelli, soprattutto in questa fase di pesante crisi per non rischiare quello che si conquistato con grande fatica e, invece, per consolidare quanto conquistato e andare alla scoperta di nuovi e nuove opportunità.
Grazie all’Enoteca la possibilità di realizzare nel Molise e nella sua Larino l’altra importante e fondamentale associazione, le Città dell’Olio, che, oggi forte dei suoi 360 e più istituzioni ed enti associati, ha inciso fortemente su un mondo fermo nel tempo con le iniziative culturali che, con Bimboil, coinvolgono soprattutto i futuri consumatori, i bambini delle scuole dell’obbligo.
 E poi la Settimana dell’olio; Andar per frantoi e mercatini, Olio in frantoio e, da qualche anno, Girolio che tocca tutte le Regioni per comunicare il peso e la centralità dell’olivicoltura; i caratteri dell’olio di qualità, la biodiversità olivicola e, con altri 12 paesi olivicoli del mediterraneo, l’ambiente olivicolo con l’istanza avanzata all’Unesco del suo riconoscimento quale patrimonio dell’umanità al pari della Dieta Mediterranea, tema che l’associazione sviluppa ogni anno con la grande iniziativa di Imperia. Larino – ha sottolineato Di Lena – non ha saputo cogliere l’occasione, che le era stata offerta su un piatto d’argento, di diventare la capitale dell’olio in Italia quale sede non solo dell’Associazione ma anche dell’Università dell’olivo e dell’olio del Mediterraneo e dell’Olivoteca d’Italia.Un discorso durato oltre tre ore che ha colto l’interesse dei partecipanti alla Scuola del Gusto che ha dimostrato di saper entrare dentro tematiche importanti come quella del marketing che serve a costruire l’immagine di un prodotto, il suo successo, che servono al produttore e al territorio nel momento in cui porta valore aggiunto e stimola il consumatore a voler conoscere l’origine della qualità.
 
Sebastiano Di Maria
 
 

giovedì 21 marzo 2013

martedì 19 marzo 2013

L'ANTEPRIMA DI UNA NUOVA AVVENTURA

L'appuntamento teatino del 3 e 4 marzo (Anteprima Montepulciano d'Abruzzo) ha rappresentato, per il sottoscritto, l'inizio di una nuova avventura nel mondo del vino, un rapporto di collaborazione, per Abruzzo e Molise, per una storica e prestigiosa testata d'informazione, il Corriere Vinicolo. Spero che questa nuova veste sia non solo un momento di crescita personale e professionale, ma anche di rilancio di una realtà territoriale ai margini delle luci della ribalta. Ringrazio il Direttore del settimanale, Carlo Flamini, per la fiducia e la disponibilità accordatami fin da subito.
Di seguito trovate l'estratto dell'articolo dal Corriere Vinicolo di questa settimana.
 
Fonte: Estratto del Corriere Vinicolo del 18 Marzo 2013
 
Sebastiano Di Maria
 
 

venerdì 15 marzo 2013

VINO E TURISMO RURALE

La Prof.ssa Monica Meini, professore associato presso il corso di Laurea in Scienze turistiche dell’Università del Molise, ha aperto, con la sua relazione, le lezioni sul marketing territoriale - presso la “Scuola del gusto: Un Molise divino” - e sullo stato dell’arte in una regione, quella molisana, ricca di biodiversità e ruralità ma ancora povera di offerta condivisa. Inserire il vino in un contesto più ampio, secondo la docente, cioè quello rurale, dove la regione non ha eguali sul territorio nazionale, è condizione imprescindibile per valorizzare l’intero patrimonio ambientale, storico e culturale in una realtà che fa fatica a emergere e proporsi come meta di turismo enogastronomico. Come? E’ necessario trovare un filo conduttore che leghi il buon vino al buon territorio, come recita il titolo della relazione, qualcosa che faccia da collante tra le diverse peculiarità, che consenta di creare una rete d’offerta che possa essere fruibile al visitatore, che crei valore aggiunto sul territorio attraverso il turismo rurale.
 
La Prof.ssa Meini durante la lezione
L’esempio portato come caso studio, è quello del progetto Langhe-Roero che, attraverso il Nebbiolo e il vino come simboli di un territorio, possano portare visibilità anche ad altre realtà territoriali. Il punto di forza di un’opera promozionale, come si evince dal progetto in questione e come la stessa docente ha più volte rimarcato durante la lezione, è quello di creare un’immagine unitaria del territorio che lasci intatto il piacere o il gusto della scoperta da parte del turista. Uno degli aspetti più importanti per creare un’immagine unitaria di un territorio è rappresentato dal prodotto tipico, una risorsa complessa che ne incorpora altre, dalla sua qualità intrinseca, dall’ambiente naturale alla storia del territorio, tutte prerogative necessarie ma non sufficienti per uno sviluppo locale se non corredate da un marchio, che permetterà riconoscibilità e sviluppo, solo se la gente capisce il territorio che c’è dietro e ne percepisce il significato simbolico. A tal proposito la Prof.ssa Meini cita il geografo francese Jean-Robert Pitte che, con riferimento all’attenzione riservata ai prodotti tipici da parte della società che viviamo, la definisce come “un’alimentazione geografica, che assomiglia al paesaggio”, oppure, come definisce il sociologo Corrado Barberis, “ogni paesaggio ha un sapore”, creando, in definitiva, un’alimentazione più collegata alla natura e alla cultura. In quest’ottica, sempre secondo l’accademica, è determinante la diversità alimentare, che diventa un’esigenza e che va “messa in rete”, in modo che, attraverso il confronto e lo scambio, faccia uscire un prodotto dal suo territorio e che non sia più solo destinato alla popolazione globale, ma si rivolga all’esterno come ambasciatore dello stesso.
 
Scorcio di paesaggio rurale a Larino - dal Blog di Pasquale Di Lena
La Prof.ssa Meini ha poi tracciato, a grandi linee, quelli che sono i criteri di progettazione d’itinerari turistici in paesaggi agro-culturali e delle varie attività che sono in essere sul territorio regionale da parte dell’ateneo che rappresenta. In definitiva, per sua stessa ammissione, non poche difficoltà sono state incontrate nella pianificazione e progettazione, spesso per campanilismi e mancanza di un’identità delle varie comunità territoriali. Ci sono dei segnali positivi in tal senso, citando l’esempio dell’alto Molise che, grazie a una sinergia tra i diversi attori, si sta traducendo in una forte richiesta turistica, che fa da contraltare a realtà in cui è difficile trovare coesione e comunità d’intenti, pur ricche di ritualità, feste legate alla cultura contadina e importanti aspetti agro-culturali. Quello di ricostruire o scoprire un’identità in una comunità di un territorio, attraverso l’aiuto delle istituzioni, è un passo fondamentale per tirare fuori tipicità e risorse culturali, soprattutto alla luce di aiuti comunitari diretti solo per programmazioni strategiche  a carattere territoriale e non regionale.
 
Sebastiano Di Maria
 

sabato 9 marzo 2013

DI MAJO NORANTE: IL MOLISE DIVINO CHE FA SCUOLA

Una “dedizione ereditaria”: è questo il nuovo slogan dell’azienda vitivinicola simbolo del vecchio Contado di Molisi, quella che fin dal 1800, come testimoniano le antiche cantine sotto la piazza e nel vecchio palazzo di famiglia a Campomarino, poi ripresa con forza da Don Luigi Di Majo Norante da quarant’anni, rappresenta il Molise enologico e non nel mondo. La filosofia produttiva dell’azienda, oggi nelle mani di Alessio, è sempre stata quella del recupero dei sapori antichi e della personalità di una terra che, fino alla metà del secolo scorso, non era seconda a nessuno nella produzione di vini, incentrando tutto sul recupero di vitigni che hanno rappresentato la storia del territorio. La Masseria Di Majo Norante si trova in contrada Ramitello, in agro di Campomarino, produce vini dagli 85 ettari dell’antico feudo dei Marchesi Norante di Santa Cristina oltre ad altri situati in agro di Portocannone, per un totale di oltre 100 ettari, dove sono allevati a Guyot e cordone speronato Montepulciano, Aglianico, Sangiovese, Falanghina, Greco e Moscato reale. La Tintilia, invece, visto che il disciplinare di produzione che ne vieta la coltivazione ad altitudini inferiori ai 200 metri s.l.m., è  approvvigionata da aziende viticole situate in agro di Larino.

Francesco Rizzo, agronomo aziendale, che spiega il sistema di gestione biologico dei vigneti
Mentre per le uve bianche l’azienda ricorre alla raccolta manuale in cassette, per preservare al meglio l’integrità del prodotto, per le uve rosse si avvale di raccolta meccanizzata. L’intera azienda, come spiegato dall’Agronomo Francesco Rizzo che segue tutte le fasi produttive, è certificata biologica, facendo uso di soli concimi organici in vigna, oltre che di zolfo e rame per la lotta contro oidio e peronospora, mentre per la lotta alla tignola si utilizza Bacillus thuringiensis o, il più innovativo metodo della “confusione sessuale”, che mette a riparo la produzione da eventuali focolai di botrite o muffa grigia, conseguenza delle ferite agli acini da parte del fitofago. Gli erogatori utilizzati per la confusione sessuale di Lobesia botrana, la tignoletta più diffusa, rilasciano una quantità di feromone sintetico che, creando una nube uniforme, maschera le scie naturali emesse dalle femmine e i maschi, entrando in uno stato di confusione, non sarebbero più in grado di localizzare la femmina.
 
Don Luigi Di Majo Norante durante la visita nella cantina di produzione
L’azienda, che produce ogni anno circa 800.000 bottiglie di vino che vende in tutti gli angoli del mondo, in particolar modo in America settentrionale ed Europa settentrionale, ha come consulente uno dei più famosi enologi a livello internazionale, Riccardo Cotarella. Il merito della strategia aziendale, seguita dallo sviluppo enologico, è stato quello di fondere vitigni antichi e territorio in bottiglie con un rapporto qualità prezzo straordinario. Uno dei vini di punta dell’azienda, il Contado, ottenuto da Aglianico in purezza, occupa quasi stabilmente la guida vini del Gambero Rosso, premiando i vini migliori con i Tre Bicchieri. Il Contado riserva 2007, sempre dalla stessa guida, è stato premiato come il miglior vino rapporto qualità/prezzo in Italia, che certifica la bontà delle scelte produttive votate alla qualità nel rispetto della natura e della salute del consumatore. Non a caso, l’azienda è per il secondo anno di fila nelle 100 migliori realtà enologiche nazionali selezionate dalla più prestigiosa rivista di settore, Wine Spectator, che porta alla ribalta internazionale le produzioni enologiche di eccellenza del Made in Italy, come ho scritto in questo post.

Alcuni dettagli della masseria, storico centro aziendale e culturale
E’ con vero orgoglio che il sottoscritto, tramite la Scuola del gusto, abbia avuto la partecipazione al progetto “Un Molise divino” una delle aziende simbolo del nostro paese e della nostra terra, quella che ha portato il nome del Molise in tutto il mondo, quella che, per confessione dello stesso Don Luigi, ha dovuto lottare già appena uscita dai confini regionali, agli inizi, contro la diffidenza di chi non sapesse individuare su una cartina geografica la regione, cosa che ancora oggi, purtroppo, accade all’interno del territorio nazionale. Oltre ad aprire le porte dell’azienda agli studenti, lo stesso Don Luigi ha voluto rendere omaggio al corso con tutta la sua produzione enologica, in parte per le degustazioni didattiche dei sommelier, e tutto il resto nella degustazione guidata nella prestigiosa Masseria, ricca di storia e cultura. Non vi descriverò i singoli vini perché ci vorrebbe un post chilometrico, ma l’immagine seguente è emblematica. Un grazie di cuore a Don Luigi per l’accoglienza, la diponibilità e la bontà che ha dimostrato nel sostenere un’iniziativa che, egli stesso, ha definito straordinaria e importante per le aziende vitivinicole e per l’intero territorio. Grazie.
 
Vini degustati in azienda

 
Sebastiano Di Maria
 
 

venerdì 8 marzo 2013

IL FUTURO DELL'AGRICOLTURA E' IL SOMMELIER

Ha fatto scalpore la dichiarazione, rilasciata qualche giorno fa da un neo Onorevole del Movimento 5 Stelle, che ha ammesso "sono sommelier e potrei fare il Ministro dell'Agricoltura", lasciando basiti tutti, indipendentemente dal colore politico o da qualsiasi altro tipo di valutazione. Lasciando stare commenti o altre valutazioni, non di competenza, con tutto il rispetto per il movimento di Grillo e dei sommelier in senso generale, di cui apprezzo onestà e competenza conoscendone diversi anche amici, ma quella chiosa, involontariamente, a mo' di battuta o cos'altro, ha innescato uno strano processo che culmina, oggi, in un visionario editoriale da parte di Franco Maria Ricci, patron di Bibenda e AIS Roma.

Franco Maria Ricci
 
 
Convegni, incontri, degustazioni a tema, adesso escono pure le guide sul vino biologico… un chiasso di povertà culturale, pur di proporre al consumatore una “eccellente” alternativa. Che non c’è.
E la qualità? Fosse solo questo il dubbio…
Lo abbiamo scritto sull’editoriale della Guida 2013. Lo vogliamo ribadire questo desiderio di far cessare il suono di certi tromboni che sull’altare del “puro e pulito” inventano la favola di un vino migliore confondendo una bio
Di sicuro, signori, secondo natura il vino è aceto. E, se non si trovano altri sistemi, senza la mano dell’uomo in cantina, proprio non possiamo farne a meno dei solfiti. E chi utilizza i solfiti non può scrivere “vino biologico” sulla bottiglia o sul suo biglietto da visita.
Sia come sia, noi siamo per la qualità. Punto e basta. La ricerca della qualità è il nostro obiettivo e se qualcuno un giorno ci proporrà la massima qualità e in più pure senza solfiti, gli assegneremo senza dubbio il nostro Oscar. Perché sarà allora una grande scoperta, da applaudire come abitanti di questa Terra. Però, dopo l’applauso, torneremo in silenzio a occuparci di vino.


Franco M. Ricci
Ma sì, che c'è frega della salute, dell'ambiente e di tutto il resto, l'importante che "il vino sia di qualità, punto e basta".

Sebastiano Di Maria
molisewineblog@gmail.com



venerdì 1 marzo 2013

BORGO DI COLLOREDO: IL MOLISE DIVINO DA RACCONTARE

Ieri pomeriggio, presso le cantine Borgo di Colloredo di Campomarino, si è svolta la seconda uscita didattica del corso “Un Molise divino”. Enrico e Pasquale Di Giulio, ultima generazione di una famiglia di viticoltori originari di Tollo (CH), sono alla guida di una delle aziende vitivinicole più importanti e all'avanguardia della regione, sia per superficie investita a vigneti che per la meccanizzazione quasi totale di tutte le operazioni colturali. L’azienda ha una superficie vitata pari a 50 Ha, tutti allevati a spalliera con sistema di potatura a Guyot e cordone speronato, mentre altri 20 Ha circa saranno reimpiantati a breve e andranno a sostituire gli ultimi impianti a tendone rimasti, quelli che hanno contribuito alle fortune della vicina Cantina Cooperativa di Nuova Cliternia, di cui i Di Giulio sono stati soci fondatori. Come poc’anzi detto, l’azienda ha provveduto, attraverso la riconversione varietale e del sistema di allevamento, alla modernizzazione e alla meccanizzazione integrale dei vigneti, grazie all’ausilio di macchine scavallatrici che eseguono tutte le operazioni colturali più importanti, dai trattamenti fitosanitari alla raccolta, dalla pre-potatura alla cimatura. Anche l’imponente cantina è dotata di tutte le tecnologie all’avanguardia, che permettono di gestire la qualità dell’uva attraverso l’espressione delle caratteristiche varietali e territoriali.
 
Enrico Di Giulio durante la visita in cantina
La filosofia produttiva dell’azienda, come ha tenuto a precisare Enrico, che si occupa della parte enologica, è votata alla produzione di uva di qualità, fatta senza invasioni in vigna, dove si adotta la lotta integrata anche con l’ausilio anche di mezzi che la scienza mette a disposizione per la lotta biologica, nel rispetto della sostenibilità ambientale. L'azienda è autonoma da un punto di vista energetico, potendo contare su una produzione di energia elettrica pari a 160 kW da pannelli fotovoltaici posti sulle coperture delle strutture. La raccolta, pur se eseguita meccanicamente, preserva intatte le qualità delle uve attraverso una serie di pratiche agronomiche, come quelle che consentono di avere la fascia produttiva situata alla stessa altezza, senza grappoli in posizioni diverse, attraverso una corretta gestione del verde (sfogliature e scacchiature) e l’adozione di un sistema di potatura rivoluzionario, quello proposto dagli agronomi friulani Simonit e Sirch, di cui ho parlato qui, che consentono di gestire in maniera ottimale la vite e la sua longevità. Generalmente, la raccolta delle uve è effettuata nelle ore fresche della giornata che, già nel carro di trasporto, sono leggermente solfitate per evitare fenomeni ossidativi, oltre l’ausilio di neve carbonica che serve per bloccare eventuali fenomeni fermentativi e preservare, in questo modo, gli aromi contenuti nelle bucce. Quello della criomacerazione, poi, è una prerogativa soprattutto dei mosti ottenuti da uve bianche che l’azienda adotta anche per i rossi, con l’obiettivo di ottenere, nella prima fase, l’estrazione delle sole molecole aromatiche contenute nelle uve, prima che siano estratte le sostanze coloranti.
 
Vigneto a cordone speronato e vendemmiatrice
Il 70% della produzione aziendale è destinato al mercato estero, nord europeo in particolar modo (Germania, Olanda, Belgio, Svizzera, Danimarca) e nord americano, oltre che da importatori orientali. Il 20%, invece, è destinato al mercato regionale, con ottimi riscontri di vendita. Alla domanda di uno studente circa gli effetti della crisi globale sulla vendita di vino, Enrico ha risposto che l’azienda ha mantenuto tutte le posizioni, addirittura con un trend in leggera crescita per alcuni segmenti, che dimostrano la qualità e i rapporti di fiducia che l’azienda gode nel mercato enologico. Tale situazione è suffragata da un aspetto non indifferente, ossia da una politica aziendale molto coraggiosa che prevede la consegna del vino solo previa pagamento anticipato. Dopo la visita in cantina e al parco macchine aziendale, dove i ragazzi si sono soffermati a chiedere lumi sull’utilizzo delle varie attrezzature che permettono una meccanizzazione quasi totale, ci si è trasferiti presso la vicina Masseria le Piane, un vecchio casolare che un tempo ospitava nelle sue stalle i greggi e le mandrie di animali che si muovevano lungo il tratturo nella transumanza. La ristrutturazione, mantenendo intatte quelle che erano le caratteristiche architettoniche tipiche, ha restituito un edificio ricettivo di pregevole fattura, circondato dai vigneti dell’azienda e con lo sguardo rivolto al mare e alle isole Tremiti.
 
Enrico Di Giulio durante la degustazione presso la Masseria le Piane
Nel grande salone, un tempo occupato dagli animali, al tepore di un grande camino acceso come nella tradizione contadina, si è svolta la degustazione guidata di tre vini dallo stesso Enrico Di Giulio: una Falanghina del Molise DOC 2011, un’anteprima di Sangiovese Terre degli Osci IGT 2012 e un Aglianico Terre degli Osci IGT 2008. I tre vini si aggiungono alla triade di prestigio Gironia, in degustazione nelle lezioni didattiche con i sommelier. I ragazzi del corso e la parte adulta, formata da professionisti e consumatori con la sete di sapere, hanno espresso giudizi lusinghieri sulla qualità elevatissima su tutta la realtà produttiva, spesso alla ribalta per i premi e i riconoscimenti assegnatele. Proprio il fine settimana prossimo, in quel di Vasto, l’azienda riceverà la Corona per il Gironia Rosso Riserva del 2006, un blend di Montepulciano e Aglianico (DOC Molise), premio attribuito dalla guida Touring Club – Vini buoni d’Italia. Ed io non mancherò per raccontare il tutto.
 
Sebastiano Di Maria
 
 
Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...