mercoledì 7 novembre 2012

IL VINO NEL MOLISE TRA STORIA E ARTE (SECONDA PARTE)

Nel tempo il gusto, anche nel bere, è profondamente cambiato. E’ noto che i vini che beviamo oggi non hanno nulla a che vedere con quelli dei romani o con quelli medievali o anche con quelli dell’epoca moderna con i sostanziali cambiamenti dal Cinquecento ad oggi.
 
Frosolone (IS)
Tralci d’uva sull’altare della Madonna delle Grazie e i Santi Biagio, Francesco e Antonio.
Sec.XVII.

Uno dei manuali che nel XVI secolo ebbe particolare successo è quello scritto dall’agronomo Agostino Gallo (Cadignano, c.a 1499 – Brescia, c.a 1570) (A. GALLO, Le vinti giornate dell’Agricoltura et de’ piaceri della villa, Venezia 1593).
A proposito della fermentazione (che Gallo chiama “bollire”) egli riferisce attraverso un dialogo tra Vincenzo, ospite in una villa-fattoria, e Gio.Battista, esperto viticultore.
Gio.Battista: “Et però non è maraviglia delle tante usanze, che tuttavia si costumano dall’una provincia all’altra. Come si vede in questa Villa, che molti fan bollir vinti, e trenta giorni, e io con altri pochi non passiamo quattro, o sei.”
Vincenzo: “Qual cagione vi move a farli bollire così poco”
Gio.Battista: “Voi dovete sapere, che quanto più bollono i vini, tanto più divengono duri, grossi, insipidi, e alle volte prossimi all’aceto, e simili nel colore all’inchiostro: i quali sono d’abhorrire in ogni tempo; si perché nel bere sono come medicine; e si anco perché offuscano l’intelletto, empiono le vene, legano i membri, affogano il fegato, e satiano talmente ogn’uno, e massimamente essendo di spirito gentile, che non può mangiare, né digerire se non malamente. Et perciò sono da lodare i vini chiari, rossi, che assomigliano à rubini orientali, percioché non tanto si digeriscono facilmente, quanto nel mettervi dentro dell’acqua, restano medesimamente saporiti; cosa che non avviene alla maggior parte degli altri detti”.
 
Gambatesa (CB) - Donato De Cubertino, 1550
 
Il trattato è particolarmente utile per capire come fosse complessa la produzione e la conservazione del vino, ma anche quale cura vi venisse posta.
Sulla produzione di vino nel periodo spagnolo nel Molise non abbiamo conoscenze e solo gli affreschi di Gambatesa possono dare qualche indicazione.
Certo è che nel Molise la produzione di vino divenne nei due secoli seguenti di dimensioni imponenti se è vero quello che riferisce Giuseppe Maria Galanti nel 1781 quando descrive la condizione generale dei Molisani:

Gli abitanti, nel generale, sono rozzi ed ignoranti, ma di benigno ed umano ingegno, ed oltre a ciò laboriosi ed attivi. Non si potrebbe alla bassa gente altro rimproverare che un eccesso nel vino, il cui consumo in questa provincia è enorme. I zapèpatori beono cinque o sei carafe di vino al giorno. In Campobasso il consumo del vino è di 40 m. barili l’anno. Il barile è di 45 carafe, e la carafa di 33 once.
Gambatesa (CB) - Donato De Cubertino, 1550
Immensa è la quantità de’ vini. Isernia ne fa gran commercio con gli Abbruzzesi, che ne abbisognano. Generalmente sono bianchi, graziosi e leggieri. Mirabello, Toro, S. Giovanni in Galdo, Petrella, Lucito producono vini spiritosi e delicati. In molti luoghi i vini sono cattivi, perché noiuna diligenza si adopera nello scegliere que’ vitami che sono più adatti alla qualità de’ terreni ed al clima. L’uso è di piantare molte e diverse sorti di vitami, che insieme non possono far lega, per ottenere il sapore delicato de’ vini, e la loro perfezione. Quindi è ordinaria cosa il vedere nel mese di ottobre, nella stessa vigna, uve mature e perfette, ed uve immature ed acerbe.
(G. M. GALANTI, Descrizione dello stato antico ed attuale del Contado di Molise, Napoli 1781)
(continua)
 
Franco Valente
 

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