giovedì 4 ottobre 2012

LA TERRA DEI CACHI

Immaginavo di avere un certo bagaglio sulla terminologia enologica, non perché sia un esperto navigato, tutt’altro, ma tra una marea di blog di sommelier e/o giornalisti di cui pullula la rete, pieni zeppi di recensioni, spesso mirabolanti e degne delle performance della migliore Tania Cagnotto – leggere la rubrica “parla come mangi” per farsi un’idea – pensavo di averle sentite tutte. In effetti, così non è stato, anzi, finalmente si torna con i piedi per terra, troppo forse: “vini semplici, beverini, talvolta persino ingenui ma dallo strepitoso rapporto qualità/prezzo” e ancora “elogio della semplicità enologica”. Tutto bene tranne che, quest’elogio alla semplicità, in realtà, è rivolto ai vini molisani dalla più autorevole delle guide, quella del Gambero Rosso, che puntualmente in questo periodo traccia un resoconto sull’eccellenza enologica del bel paese. La cosa non mi ha fatto sobbalzare dalla sedia, lo ammetto, però mi ha urtato un pò, non tanto per i numeri e la visibilità su cui ho già ampiamente espresso la mia opinione, non tanto per una qualità intrinseca in rampa di lancio, come la rispettabilissima guida sottolinea, ma per quell’ingenuo che, sinceramente, non riesco a collocare.
 
 
Estratto da Tre Bicchieri - Gambero Rosso
Se scorriamo i significati che l’aggettivo può assumere, si passa da “innocente, candido, privo di malizia” a “semplice e schietto” che, da un punto di vista enologico, per come la vedo io, rispecchia in pieno una realtà ancora inespressa, lontano dalle luci della ribalta, mentre se vogliamo coglierne una sfumatura negativa, si passa da “sempliciotto, credulone” a “disposto a farsi ingannare”. Cavolo, questi in Molise ci sono proprio stati e non solo hanno valutato prodotti e produttori, non come qualcuno che recensisce comodamente seduto a tavolino, ma hanno pure dato una valutazione introspettiva del molisano medio. Non volendo infierire su quest’ultimo aspetto che, da un punto di vista squisitamente enologico, non centra un emerito tubo, ma che, per certi versi, attanaglia l’abitante del vecchio “Contado di Molise” e che lo pone di fronte a scelte importanti, come sulla devolution amministrativa (macroregioni), non lo esclude da colpe su questa visione semplicistica della realtà regionale, oggi alla ribalta nazionale più per il malaffare. L’azienda Di Majo Norante non si scopre certo adesso e il suo livello qualitativo, come certificato annualmente dalle più importanti guide enologiche, è di altissimo profilo, la “vera ambasciatrice della regione nel mondo”, come la definiscono quelli del Gambero Rosso. Peccato che, com’è capitato a me più di una volta, questo connubio non sia sempre così concreto e visibile, della serie: “si, Di Majo, grandi vini ma non sapevo fosse in Molise”. Altro dato su cui riflettere è, come già avevo ampiamente anticipato in quest’articolo su cui non mi dilungo avendone già sviscerato ampiamente il contenuto, che invito ad andare a rileggere per completezza d’informazione, l’assenza dello stesso produttore nello stand del Molise al Vinitaly.
 
Sistemazione aziende molisane all'ultimo Vinitaly
 
Passiamo all’altro dato che emerge da questa diagnosi fatta dall’autorevole rivista. La semplicità enologica di cui parlavo poc’anzi, al netto della mia analisi filologica un po’ sopra le righe, in realtà, non è un dato negativo a mio avviso, tutt’altro. Perché? L’attuale tendenza enologica si divide in due grandi filoni, da una parte si cerca la conquista del consumatore con vini piacioni e ruffiani, dal gusto internazionale, spingendo su affinamenti in legno piccolo (barrique) ed estrazioni spinte, dall’altra si punta su vini più fini e delicati, cercando di far esaltare la territorialità, attraverso affinamenti in legno grande ed estrazioni controllate, in tal senso si collocano gli autoctoni. Quel “vini semplici e talvolta ingenui”, per come l’ho decifrato io, sta a indicare dei vini ben fatti, scolastici, senza una particolare connotazione che possa dargli un carattere distinguibile o associabile a una realtà produttiva. Mi spiego meglio. L’azienda Di Majo Norante è riuscita, con anni di esperienza alle spalle, grazie all’ausilio di una grande firma dell’enologia mondiale come Riccardo Cotarella, consulente esterno della stessa, a conquistare la ribalta con dei grandi vini con uno standard qualitativo elevatissimo, raggiunto con anni di sperimentazione, come per il Contado, che da una nuova dimensione all’Aglianico, il Don Luigi con il suo cuore di Montepulciano e l’Apianae, un passito da Moscato reale di successo. Il Molise non è solo Di Majo, ma tante altre aziende, molte nuove, che pagano lo scotto della gioventù, l’inesperienza. Ognuna di esse si è affidata a una visione della produzione e d'interpretazione dei risultati estemporanea, figlia di una politica di rientro degli investimenti cospicui con prodotti a basso rischio, di facile approccio per il consumatore. Se a questo aggiungiamo l’incapacità di gestire al meglio l’unico vitigno che potesse dare la svolta al sistema, la Tintilia, con scelte produttive e promozionali campanilistiche, senza l’egida restrittiva che solo un consorzio di tutela può dare, ecco che, in un periodo di crisi, a pagare dazio sono per primi i vini senza una connotazione territoriale.
 
 
 “Un solo premio nella regione che pure si muove a grandi passi verso l’eccellenza. E nel 2013…..”, è la chiosa dei giudici del Gambero Rosso, a testimonianza di potenzialità che ci sono, che possono esplodere in qualsiasi momento, se solo si sanno cogliere le opportunità che il territorio e la storia danno. I peccati di gioventù, come può accadere per le realtà territoriali nate da appena mezzo secolo, il cui genetliaco cade proprio il prossimo anno, si possono riparare solo con la consapevolezza della propria forza e con la comunità d’intenti. E magari il Gambero, per tener fede alla sua natura, farà un passo indietro.

Sebastiano Di Maria
molisewineblog@gmail.com


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1 commento:

  1. Il riferimento alla terra dei cachi di "Elio e le storie tese" è fantastico, ci sta a pennello. Peccato che solo tu "denunci" certe cose, mentre molti vivono nel mondo dei sogni.
    Sono proprio curioso di vedere cosa festeggeremo nel cinquantenario.

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